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INDAGINE IMPRENDITORIA FEMMINILE - Gap di genere

Secondo il Global Gender Gap report, ci vorranno almeno 131 anni per colmare il divario globale di genere, una prospettiva che diventa ancora più drammatica rispetto alla parità economica, proiettata a 169 anni nel futuro. Il gap di genere nell'imprenditoria è un fenomeno complesso che riflette disparità nelle opportunità, nelle risorse e nelle aspettative tra uomini e donne nel mondo degli affari. Questo divario si manifesta in diversi modi: dalla rappresentanza femminile nei ruoli di leadership e nel lancio di nuove imprese, alla disponibilità di finanziamenti e risorse necessarie per avviare e far crescere un'azienda. Le cause del gap di genere imprenditoriale sono molteplici e comprendono fattori culturali, sociali ed economici. Le donne spesso affrontano maggiori sfide nel garantire accesso a finanziamenti e 17 reti di supporto, oltre a dover conciliare responsabilità familiari e professionali in modo più intenso rispetto agli uomini. Inoltre, esistono ancora stereotipi di genere radicati che influenzano le percezioni sulle capacità imprenditoriali delle donne. Queste considerazioni generali trovano pieno riscontro dalle risposte delle imprenditrici. Infatti nel 75% confermano che vi sia un gap di genere nell'accesso alle opportunità imprenditoriali e alla rappresentanza nei settori chiave dell'economia genovese, come ad esempio disparità nell'accesso ai finanziamenti per le imprese gestite da donne rispetto a quelle gestite da uomini, e una sottorappresentazione delle donne in settori chiave come il commercio marittimo o l'industria manifatturiera. Inoltre il 65% ha riscontrato disparità di trattamento tra imprenditrici e imprenditori nel contesto lavorativo o negli ambienti imprenditoriali nello specifico: il 28,3% riscontra stereotipi di genere che influenzano le opportunità imprenditoriali; 17,5% disparità nell’avanzamento di carriera; 11,7% differenze nelle opportunità di networking e di accesso alle reti professionali; 7,5% disparità nell’accesso ai finanziamenti. Il resto delle imprenditrici dichiara di non avere riscontrato disparità di trattamento. Nell’ultima parte di questa sezione si è lasciata libertà alle imprenditrici di fornire alcune proposte o suggerimenti sulle politiche ed i servizi che vorrebbero venissero offerti loro in futuro. Per il 30% auspicano politiche di sostegno finanziario mirato alle imprenditrici, un 27,5% sostiene necessario mantenere incentivi fiscali per le imprese a conduzione femminile, mentre il 20% richiede programmi di mentorship e formazione specifici per donne che fanno impresa, infine un 15% auspica campagne di sensibilizzazione per promuovere l’uguaglianza di genere nel mondo degli affari. Tra gli altri suggerimenti ricevuti, le imprenditrici richiedono che siano sviluppati servizi di base come asili nido e scuole materne.

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INDAGINE IMPRENDITORIA FEMMINILE - Sviluppo sostenibile

In base al CRIF ESG Score le imprese femminili con un elevato grado di sostenibilità superano dell’8% quelle maschili, con una sensibilità spiccato soprattutto per quel che riguarda la componente ambientale. Partendo da questa considerazione nazionale, abbiamo ritenuto interessante capire quanto nel nostro territorio, le imprenditrici avessero questa propensione allo sviluppo sostenibile. I risultati portano ad una prevalenza di imprenditrici che sono portate verso lo sviluppo sostenibile (44%) in modo moderato, evidenziando che l'impresa ha alcune iniziative o politiche orientate allo sviluppo sostenibile, ma potrebbe migliorare o implementare ulteriori strategie per aumentare il suo impatto positivo sull'ambiente e sulla comunità. Il 34,7% dichiara di avere la propria impresa improntata su una gestione di sviluppo sostenibile molto forte infatti dichiarano di avere una forte impronta di sviluppo sostenibile, con pratiche e politiche integrate che mirano a minimizzare l'impatto ambientale, promuovere la responsabilità sociale e sostenere l'economia locale. Il 20 % sostiene di avere poca propensione allo Sviluppo Sostenibile: avendo ben poche o iniziative orientate allo sviluppo sostenibile, ma sono ben consapevoli che potrebbero in futuro adottare pratiche più responsabili e orientate al lungo termine. Un’impresa dichiara di non aver nessuna considerazione per lo sviluppo sostenibile nelle sue operazioni o strategie in azienda.

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INDAGINE IMPRENDITORIA FEMMINILE - Risorse e supporto

Al fine di valutare il capitale sociale delle nostre intervistate sono state loro sottoposte alcune domande inerenti diversi aspetti, tra cui anche il rapporto con le istituzioni locali, con le associazioni, per comprendere il grado di supporto che le imprese possono ricevere da questi soggetti. E’ stato chiesto, ad esempio, se erano iscritte ad associazioni imprenditoriali di categoria o se avessero sviluppato una rete di relazioni con altre imprenditrici, che permettesse loro di collaborare ad iniziative comuni, oppure di avere scambi di informazioni o consulenza tecnica. Per quanto riguarda invece la valutazione complessiva del contesto genovese, alle intervistate è stato chiesto di commentare quali siano - a parere loro - le opportunità e le difficoltà legate al territorio in cui vivono e lavorano, quali le politiche rivolte alle imprese, e in particolare, se avessero usufruito di supporti specifici. Per quanto riguarda invece le difficoltà connesse al territorio, sono emerse alcune considerazioni non direttamente riferibili alla specificità di genere, ma applicabili alla generalità degli operatori economici e riconducibili alla struttura produttiva, alla conformazione del territorio ma anche alla cultura locale. Il 35% delle imprenditrici ha dichiarato che la principale difficoltà incontrata è stata ottenere i finanziamenti, interessante notare che dai commenti delle intervistate emergevano due difficoltà: una relativa ad ottenere il finanziamento bancario, dall’altro la mancata conoscenza delle possibilità di partecipare a Bandi specifici per l’imprenditoria. Quindi se da un lato si regista la difficoltà di ottenere risorse economiche, dall’altra si evidenzia che la comunicazione delle opportunità per finanziare la creazione d’impresa non arriva e/o non viene veicolata. Il 31% evidenzia la problematica principale di conciliare la vita lavorativa e la vita privata (come abbiamo già trattato nella sezione di Conciliazione Vita Lavoro). Il 25% ha riscontrato la difficoltà di accesso al mercato, sia per via di difficoltà e “lungaggini” burocratiche, sia per una questione di stereotipo di genere. La maggior parte delle imprenditrici infatti ha testimoniato la difficoltà di accedere ad un mercato in settori che per anni hanno visto lo stereotipo di “lavoro da uomo”. Il 5% ha evidenziato una problematica nella gestione delle risorse umane, cioè la difficoltà di organizzare i tempi di lavoro dei dipendenti, ma soprattutto il reperimento di figure professionali adatte al loro ambito.

Sempre nell’ambito del supporto del territorio, le imprenditrici che si sono avvalse del supporto specifico messo in campo da vari soggetti, sono limitate numericamente, il 43,3% ha avuto supporto. Di queste imprenditrici, nello specifico emerge per un 53,7% il CLP, le Associazioni di Categoria con il 19,5%, seguite da Filse con il 17,1%. Una piccola percentuale ha avuto supporto dalla Rete al Femminile, altre imprenditrici sono state seguite dal PID e dallo Sportello EEN della Camera di Commercio e infine da Fondimpresa. Per quanto riguarda una mentorship o consulenza imprenditoriale nella fase iniziale della propria esperienza, solo il 28,3% ha fruito di questa opportunità, evidenziando quanto questo abbia influito positivamente nel proprio percorso imprenditoriale mettendo in evidenza i vari aspetti del fare impresa e aumentando la consapevolezza di quali competenze mettere in atto e quali era necessario rinforzare. Interessante notare che il 63,3% delle imprenditrici intervistate non fa parte di Associazioni o reti professionali dedicate alle imprenditrici nel territorio di Genova, il restante ha menzionato le Associazioni di Categoria e la Rete al Femminile.

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INDAGINE IMPRENDITORIA FEMMINILE - Ambito finanziario

Analizzando il Report Gender Diversity Index 2021 (GDI) uno degli aspetti più interessanti riguarda la solidità delle imprese femminili che risultano essere meno rischiose rispetto alla media italiana: più della metà (52,73%) presenta, infatti, un rischio di fallimento minimo o inferiore alla media, contro un dato nazionale del 48% con rischio minimo o inferiore alla media. Quanto ripreso prima, si può forse correlare con la rilevazione di quale gestione finanziaria hanno le imprenditrici nei confronti della propria impresa. Le imprenditrici intervistate rivelano di avere una gestione finanziaria della propria impresa tendenzialmente conservativa per il 40,8% e nella stessa percentuale abbiamo una gestione moderatamente conservativa. Per una imprenditrice la sua gestione è basica, cioè limitata all’essenziale. Mentre per un’altra imprenditrice la gestione è dinamica e ambiziosa (impresa che si occupa di gestione appartamenti per affitti brevi). Da notare una percentuale del 16,7% ha una gestione finanziaria intraprendente. Questa affermazione la troviamo in tutti gli ambiti in cui operano le imprenditrici intervistate, a conferma che ciò è dettato dalla caratteristica personale dell’imprenditrice. Per quanto riguarda l’ottenimento di finanziamenti, ben il 57,5% dichiara di aver avuto problemi e dichiarano queste principali difficoltà: la necessità di affidarsi a qualcuno che facesse da garante, la 12 poca informazione delle possibilità dei bandi e finanziamenti pubblici, le tempistiche difficili da mantenere per accedere ai bandi, il rifiuto delle banche, il non sapere come strutturare un piano d’impresa, difficoltà nel trovare finanziatori privati. Se poi guardiamo a quali risorse finanziarie sono state utili per lo sviluppo della propria attività, rileviamo che 68,3% - quindi una grande percentuale – ha fatto ricorso alle sole risorse proprie. Questo si lega a doppio filo alla domanda precedente. Le imprenditrici hanno difficoltà nell’ottenere finanziamenti e si ritrovano ad utilizzare i propri risparmi per concretizzare la propria voglia di mettersi in proprio. Troviamo un 21,7% che ha fruito di finanziamenti bancari e un 4,2% che ha unito finanziamenti pubblici ai propri risparmi, ottenendo anche un finanziamento bancario. Un 3,3% ha potuto fruire di finanziamenti pubblici, mentre le restanti imprenditrici hanno fatto ricorso ad “altre risorse finanziarie” non specificate. Alle imprenditrici che hanno fruito di finanziamenti pubblici abbiamo chiesto di specificare quali fossero, qui riportiamo quelli citati: Cassa commercio liguria, Bando Filse, PNRR Imprenditoria Femminile, Bonus Caruggi, Impresa 4.0, Fondazione San Paolo.

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INDAGINE IMPRENDITORIA FEMMINILE - Conciliazione vita lavoro

Le politiche per la conciliazione famiglia-lavoro rappresentano l’insieme delle politiche attuate dalle imprese al fine di favorire il corretto equilibrio tra vita professionale e personale. Le politiche per la conciliazione sono state introdotte nell’ordinamento italiano attraverso la legge 8 marzo 2000, n. 53 (“Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città”), volta a promuovere un equilibrio tra tempi 10 di lavoro, di cura, di formazione e di relazione. Quando però parliamo nell’ambito dell’impresa individuale o comunque di una microimpresa a gestione femminile, le politiche di conciliazione diventano di difficile attuazione. Diventare imprenditrice infatti pone tutta una serie di considerazioni sui tempi di vita lavorativi e di vita privata, considerando che ancora ad oggi la percentuale maggiore di cura della famiglia ricade ancora sulla donna. Pertanto come punto di partenza è stato chiesto quanto considerassero importante la conciliazione tra vita lavorativa e personale e la maggior parte (43,3%) ritiene la conciliazione molto importante, ritenendo fondamentale poter gestire autonomamente i propri orari di lavoro per conciliare le esigenze familiari e professionali. A poca distanza, con un 41,7% ritiene la conciliazione abbastanza importante dimostrandosi disponibile a fare alcuni sacrifici per il successo della propria impresa. Un 10,8% ritiene poco importante la conciliazione vita- lavoro dichiarandosi disposta a sacrificare una certa quantità di tempo libero o a separare nettamente la propria vita professionale dalla vita personale per perseguire gli obiettivi della propria impresa. Il resto delle imprenditrici ritiene che la conciliazione non sia una priorità significativa rispetto agli altri aspetti del proprio lavoro. Interessante notare che la maggior parte di queste risposte sono state date da donne con oltre 46 anni, ciò può identificare delle situazioni familiari che non implichino l’accudimento di bambini o anziani. Se parliamo di difficoltà nel gestire il bilanciamento vita lavorativa e personale troviamo che il 59,2% delle intervistate ha ammesso di aver avuto difficoltà. Come testimoniano i commenti che abbiamo raccolto: la maggior parte delle difficoltà sono legate all’accudimento dei figli (aggravato in molti casi nel periodo estivo con la chiusura delle scuole) e dall’accudimento dei propri cari anziani. Alcune imprenditrici hanno difficoltà nella gestione del tempo legate alla volontà di ampliare le competenze (vedi formazione) e alla gestione dell’attività lavorativa e familiare. La notevole maggioranza, ben il 95% non ha ricevuto accesso a politiche o servizi che favoriscono la conciliazione vita lavoro nel territorio di Genova, solo 2 intervistate hanno usufruito del bonus baby sitter e bonus nascita. Mentre la socia di una cooperativa ha potuto fruire di tempistiche adatte alle sue esigenze familiari grazie alla disponibilità della cooperativa. Ricordiamo che per la Regione Liguria, il bonus baby sitter così come il bonus badanti è un bonus per l’assunzione - diretta o tramite impresa specializzata- di queste due figure professionali e richiede un ISEE inferiore a 35.000€. (anno 2023) Da quanto affermato dalle imprenditrici anche se a conoscenza di tale opportunità, per molte imprenditrici non vi erano i presupposti per poterli attivare o non era questo il supporto che gli avrebbe permesso di non avere difficoltà nel bilanciamento tra vita lavorativa e vita personale

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INDAGINE IMPRENDITORIA FEMMINILE - Le motivazioni delle donne imprenditrici

La scelta di intraprendere un’attività in proprio può rispondere a diverse esigenze. La motivazione più ricorrente fra le indagini sull’imprenditoria femminile è la ricerca di emancipazione professionale e di indipendenza economica e gestionale con il 63,9% delle intervistate. Nel nostro campione, emergono anche altre, come ad esempio la voglia di seguire la propria passione con il 22,9% o la necessità di trovare una alternativa dopo aver subito un licenziamento (3,6%). Il 7,2% ha una motivazione legata ad una logica più tradizionale, come la successione al genitore nella guida dell’azienda di famiglia. Il restante dichiara di aver messo in atto le proprie competenze nell’impossibilità di trovare un lavoro da dipendente. La metà delle intervistate quindi, affermano la necessità di affermarsi nel mondo del lavoro ed esprimere al meglio le proprie competenze, con il desiderio anche di ottenere un riconoscimento economico maggiore, avanzano come motivazioni in primo luogo la necessità di essere indipendente ed anche la speranza di ottenere un guadagno maggiore a fronte del proprio impegno. 9 In alcuni casi la necessità di rendersi indipendenti si è rivelata dopo anni trascorsi “a fare la mamma”, per cui con il raggiungimento di una certa autonomia dei figli è nato il desiderio di mettersi alla prova, oltre che tentare di incrementare le entrate familiari. E’ curioso osservare che in alcuni casi la scelta professionale è stata indotta da una domanda già esistente ma che non trovava soddisfazione sul mercato: ad esempio alcune imprenditrici avevano delle passioni che coltivavano in proprio e si sono rese conto che avrebbero potuto trasformarle in un lavoro vero e proprio dal momento che amici o clienti richiedevano il loro aiuto o i loro consigli. La motivazione principale rimane quindi la voglia di autoaffermazione, il desiderio di rendersi indipendenti e di soddisfare le proprie aspirazioni di autonomia, anche le scarse possibilità di fare carriera interna all’azienda giocano a favore di strategie di mobilità exit, ossia in questi contesti la promozione sociale passa proprio attraverso il “mettersi in proprio”. Altre intervistate, invece, hanno dovuto tirare fuori uno spirito imprenditoriale che forse non avrebbero sviluppato se non avessero dovuto fare i conti con situazioni difficili come la perdita del lavoro. Infine, esiste ancora un piccolo gruppo di intervistate che sono diventate imprenditrici per continuare la tradizione di famiglia, ed hanno ereditato l’impresa in un percorso che molte considerano “naturale”. 

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INDAGINE IMPRENDITORIA FEMMINILE - Distribuzione per settore

Tra le imprese del nostro campione il settore dei servizi domina con il 51,7%, con una varietà molto ampia di attività (consulente d’immagine, wedding planner, comunicazione) rispetto al commercio con un 22,5%. Seguono con il 13,3% il settore dell’artigianato (nel quale rientrano sartorie, parrucchiere, ceramica) e un 8,3% di servizi per il turismo. In linea con le statistiche sull’imprenditoria femminile, anche nel nostro campione il settore agricoltura è poco presidiato. Interessante osservare l’estrema diversificazione delle attività delle intervistate: oltre alle attività più “tradizionali” quali la ristorazione, la sartoria o la vendita al dettaglio, abbiamo attività particolari quali allevamento bovini, scuola di kajak, studio per tatuaggi, agenzia di aste online, fino a brokeraggio di yacht. Mestieri che spesso per tradizioni vengono visti come “maschili”.

 

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INDAGINE IMPRENDITORIA FEMMINILE - Le imprenditrici

La media dell'età delle imprenditrici intervistate è tra i 46 e 55 anni, con una presenza consistente nelle due fasce di età : il 24,2% ha infatti un’età compresa fra 36 e 45 anni, ed il 24,2 % si colloca nella fascia da 56 e 65 anni. Solo una imprenditrice rilevata ha una età compresa tra i 19 a 25 anni (0,8%) titolare di un'impresa individuale di servizi digitali di comunicazione per le aziende. Il restante 3,3% risulta sopra i 65 anni. Per quanto riguarda il titolo di studio le percentuali si fanno nette: le imprenditrici del campione si collocano nel 45,8% dei casi in possesso della licenza di scuola secondaria superiore, un altro 48,3% è in possesso di una laurea (di cui il 2,5% anche di un master o di un dottorato) mentre un 5,8% risulta in possesso di diploma di scuola secondaria inferiore. Il 29% delle imprenditrici in possesso della sola licenza di scuola secondaria inferiore ha un’età compresa tra 36 e 45 anni, un altro 29% ha un’età compresa tra 46 e 55 anni, un ulteriore 29% è tra i 56 ed i 65 anni ed il restante ha più di 65 anni. È importante comunque evidenziare che il 47% delle imprenditrici appartenenti alle stesse fasce di età (superiore a 36 anni) sono in possesso di titolo di studio pari al diploma di scuola superiore.

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INDAGINE IMPRENDITORIA FEMMINILE - Tipologia e dimensioni delle imprese femminili a Genova.

La totalità delle aziende del nostro campione sono di piccole o piccolissime dimensioni, in linea con il trend nazionale. Inoltre, soltanto 47 aziende hanno confermato di avere dei dipendenti. Questo fenomeno riguarda un po’ tutti i settori presenti nel nostro campione, ma è visibile principalmente nei settori dei servizi, dove infatti 40 su 62 aziende impiegano solo il titolare, nel settore dell’artigianato 13 su 16 e nelle attività commerciali 12 su 27. Per quanto riguarda la forma giuridica, l’impresa individuale è il genere più diffuso, come già evidenziano anche le statistiche annuali della Camera di Commercio, presente nel nostro campione con il 69,2%, cui seguono le società di capitali con un 16,7%, le società di persone con 10,8%, le cooperative con 2,5% ed infine le imprese sociali con 0,8%. Infine, è interessante osservare la data di costituzione delle imprese presenti nel nostro campione. La maggior parte riguarda attività di apertura relativamente recente, visto che il 21,7% circa sono aziende nate negli ultimi 2 anni, ed il 17,5% sono sorte negli ultimi 5 anni. Esistono anche alcune aziende particolarmente longeve: il 2,5% infatti, sono aziende create negli anni Ottanta/Settanta e lavorano nei settori dei Servizi, dell’Agricoltura e dell’artigianato. Le attività derivano da un passaggio generazionale, questo denota la capacità dell’imprenditrice di mantenere e rendere florida negli anni l’attività ereditata. Nello specifico, le aziende con passaggio generazionale, sono il 13,3%.

 

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Credito di imposta per investimenti nella ZES unica

Credito d’imposta a favore delle imprese che effettuano investimenti iniziali in beni strumentali destinati a strutture produttive ubicate nelle zone assistite delle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise e nelle zone assistite della regione Abruzzo.

Sono agevolabili gli investimenti  realizzati dal 1° gennaio 2024 al 15  novembre  2024,  relativi all'acquisto, anche mediante contratti di locazione  finanziaria,  di nuovi macchinari, impianti e attrezzature varie destinati a strutture produttive gia' esistenti o che vengono impiantate nella  ZES  unica.

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