Un fenomeno in crescita che minaccia la credibilità e la sostenibilità delle aziende e dei consumatori
Il greenwashing è una pratica scorretta che consiste nel presentare un’azienda, un prodotto o un servizio come ecologico, etico o sostenibile, quando in realtà non lo è. Si tratta di una forma di pubblicità ingannevole che sfrutta l’interesse e la sensibilità dei consumatori verso le tematiche ambientali e sociali.
Il termine greenwashing è nato negli anni '80, quando l’ambientalista statunitense Jay Westerveld denunciò le campagne di alcuni alberghi che invitavano i clienti a riutilizzare gli asciugamani per risparmiare acqua ed energia, mentre in realtà non adottavano alcuna misura concreta per ridurre il loro impatto ambientale.
Da allora, il fenomeno del greenwashing si è diffuso e amplificato, soprattutto con l’avvento dei social media e della comunicazione digitale, che hanno reso più facile e veloce diffondere messaggi e immagini a favore dell’ambiente, spesso senza alcuna verifica o certificazione.
Quali sono i rischi del greenwashing?
Il greenwashing non solo danneggia la fiducia dei consumatori, ma anche la reputazione e la competitività delle aziende che lo praticano. Infatti, il greenwashing può essere sanzionato dalle autorità competenti, come l’Antitrust, che possono infliggere multe salate o vietare la diffusione di messaggi pubblicitari falsi o ingannevoli.
Inoltre, il greenwashing può avere effetti negativi sul piano ambientale e sociale, in quanto distorce la percezione della realtà e impedisce di affrontare i veri problemi e le vere soluzioni. Il greenwashing può anche scoraggiare i consumatori a compiere scelte consapevoli e responsabili, facendoli cadere in una sorta di “falsa tranquillità” o di “illusione verde”.
Come difendersi dal greenwashing?
Per difendersi dal greenwashing, è necessario sviluppare un’attitudine critica e informata verso i messaggi e le informazioni che riceviamo dalle aziende e dai media. Alcuni consigli utili sono:
- verificare la fonte e la credibilità delle informazioni, cercando di capire chi le ha prodotte e con quali scopi e interessi;
- controllare la presenza e la validità di certificazioni, etichette, sigle o marchi che attestino la sostenibilità di un’azienda, di un prodotto o di un servizio, evitando di fidarsi di semplici slogan o immagini;
- confrontare le informazioni con altre fonti indipendenti e affidabili, come associazioni di consumatori, organizzazioni ambientaliste, istituzioni pubbliche o accademiche, che possano fornire dati, analisi e opinioni oggettive e trasparenti;
approfondire le informazioni, cercando di capire quali sono gli impatti reali e le conseguenze di un’azienda, di un prodotto o di un servizio sul piano ambientale, sociale ed economico, sia a livello locale che globale.
Come riconoscere il greenwashing?
Il greenwashing si riconosce da alcuni segnali tipici della comunicazione ingannevole:
- mancanza di prove o dati specifici che dimostrino quanto affermato;
- presenza di informazioni e dati che si dichiarano certificati ma che non hanno il riconoscimento di enti autorizzati;
- messa in evidenza di alcune caratteristiche isolate di quanto comunicato;
- uso di informazioni vaghe o ambigue che generano confusione nei consumatori;
- impiego di etichette false o alterate;
- formulazione di dichiarazioni ambientali non veritiere.
Aziende virtuose e buone pratiche
Ci sono anche esempi di aziende che hanno dimostrato un reale impegno e una coerenza nella sostenibilità, adottando pratiche e strategie volte a ridurre il loro impatto ambientale e sociale, a creare valore per i propri stakeholder e a comunicare in modo trasparente e responsabile. Alcuni esempi sono:
- la cooperativa agricola Alce Nero, che dal 1978 produce e distribuisce prodotti biologici e di qualità, rispettando i principi dell’agricoltura biologica, del commercio equo e solidale, della biodiversità e della filiera corta, e che si avvale di certificazioni e controlli indipendenti e rigorosi;
- la società di energia elettrica Enel, che dal 2015 ha avviato un piano strategico per la decarbonizzazione, puntando sullo sviluppo delle fonti rinnovabili, sull’efficienza energetica, sull’innovazione tecnologica e sulla mobilità elettrica, e che ha aderito agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite e all’Accordo di Parigi sul clima;
- la marca di cosmetici Lush, che dal 1995 produce e vende prodotti naturali, freschi, fatti a mano, cruelty-free e senza imballaggi, seguendo i valori dell’etica, della trasparenza, della solidarietà e dell’attivismo, e che coinvolge i propri clienti e dipendenti in campagne e iniziative a favore dell’ambiente e dei diritti umani.
La Tassonomia UE, uno strumento europeo contro il greenwashing
L’Europa è molto attenta alla questione e sta elaborando una normativa rigorosa su cosa si possa considerare green. La Tassonomia UE, votata dal Parlamento europeo nel 2020, ha aiutato a stabilire i criteri per determinare cosa sia realmente “un’attività economica ambientalmente sostenibile”.
La direttiva EU NFDR (Non Finance Reporting Directive) richiede poi che un numero sempre maggiore di aziende renda conto delle proprie attività sostenibili e dei risultati effettivi ottenuti mediante la dichiarazione non finanziaria delle imprese, mentre la SFDR (Sustainable Finance Disclosure Regulation) impone che i fondi comuni di investimento indichino il livello di conformità dei propri asset alla Tassonomia, come previsto dalla SFDR.
Tuttavia, secondo gli esperti, questo non è sufficiente, perché è essenziale che i sistemi di standardizzazione siano chiari e obbligatori il più possibile. Così come è fondamentale che i consumatori o gli investitori si documentino bene prima di acquistare un prodotto o uno strumento di investimento per le sue caratteristiche green. L’unico modo possibile è affidarsi solo a certificazioni oggettive e valide, evitando di credere a termini generici come “naturale” o “zero emissioni” (obiettivo peraltro praticamente irraggiungibile per qualsiasi tipo di prodotto o servizio).
Conclusioni
Il greenwashing è un fenomeno in crescita che rappresenta una sfida e una minaccia per la sostenibilità delle aziende e dei consumatori. Per contrastarlo, è necessario sviluppare una cultura e una consapevolezza critica e informata, che ci permetta di riconoscere e di scegliere le aziende, i prodotti e i servizi che siano veramente ecologici, etici e sostenibili. Solo così potremo contribuire a creare un futuro migliore per noi e per il pianeta.